Storia della Chiesa

Storia della Chiesa

L’antica Chiesa Parrocchiale, nello scorcio del secolo XVII, era riconosciuta ormai augusta per i bisogni della popolazione, per cui si pose mano, nell’anno 1669 (convocato del 26 maggio), alla preparazione del materiale occorrente per fabbricare una nuova chiesa, servendosi di una fornace (situata in un campo di proprietà Cantoni Cesare sulla strada Cilavegna/Mortara) sfruttata in precedenza per costruire la chiesa della Madonna del Santo Rosario. Due anni dopo si ottenne dal Vescovo di Pavia e dal Padre Priore di S. Pietro Martire il permesso di iniziare i lavori, sostenendo le spese anche con le elemosine fatte “alla miracolosa Vergine Maria al gesiolino della Calderina (Chiesa di S. Anna)”.
I lavori subirono ben presto un lungo periodo di stasi per gli ostacoli che si pararono dinanzi tanto che, mentre la fabbrica si preoccupava di accaparrarsi lo spazio necessario per l’ampliamento, si teneva in uso ed in ordine la chiesa vecchia.
Periodicamente si riparava la copertura del tetto e si tinteggiava l’interno di essa. Agli altari antichi (1500) vennero ad aggiungersi l’altare di S. Giacinto in omaggio ai religiosi domenicani e l’altare delle S. Reliquie per custodire un cospicuo patrimonio sacro venuto in possesso della Parrocchia.
Si ripresero i lavori della fabbrica dando inizio all’erezione del campanile per mezzo di elemosine e del contributo di tutti i manuali del paese dai 18 anni compiuti.
Il 27 giugno 1729 si pose la prima pietra ed i lavori diretti dal capomastro Giuseppe Barbasso continuarono per tutto l’anno e in quello seguente, così che il 7 ottobre 1731 mancava soltanto la copertura e si decise di fare un cupolino in piombo.
Nel 1736 si costruì la nuova sacrestia dopo aver demolito quella costruita nel 1586 in ottemperanza agli ordini del visitatore Peruzzi.
Contemporaneamente si lavorava alla costruzione del coro in mezzo al quale fu fatto l’altare maggiore in marmo. La comunità contribuiva alle spese con le elemosine ed altre sovvenzioni erano date dalle imposte personali in ragione di “soldi 5 per boca”.

Le spese del campanile e del coro assommavano a £. 30.000 e il prezzo dell’altare maggiore era di £. 1221, al cui pagamento il Comune contribuì per 1/3. I contributi personali furono portati a “soldi 10 a testa” per iniziare nel 1743 la facciata i cui lavori proseguirono negli anni seguenti.

L’ossatura della Chiesa nuova era ormai completa, ma ancora racchiudeva la vecchia officiata durante il tempo dei lavoro.

In questo stato la visitò il 14 maggio 1764 il Card. Carlo Fran. Durini, Vescovo di Pavia e trovò all’interno i seguenti altari: Altare Maggiore, della natività, di S. Giacinto, della Madonna dei Sette Dolori, delle S. Reliquie, del Suffragio e di San Martino, notando che la facciata era ancora allo stato rustico. Si provvide infatti a completarla nel 1766 con gli zoccoli in granito e l’intonaco della muratura, mentre, nell’interno la vecchia chiesa fu gradualmente demolita. L’anno 1769 si poteva così apporre al fianco della chiesa, una lapide conclusiva dei lavori.

Non mancavano che gli ultimi lavori di rifinitura.

Infatti, atterrando nel 1774 l’ultimo resto dell’antica chiesa, i >Cilavegnesi poterono finalmente compiacersi del nuovo pavimento e si preoccuparono che nessuno avesse a romperlo in avvenire per sepolture,facendo petizione al Vescovo nel 1782 affinché neppure la fossa dei Congregati del Suffragio avesse a rimanere nella Chiesa.

Nello stesso anno il pittore Stefano Bossi decorò la Cappella della S. Reliquie. I fedeli contribuirono, con offerte, all’acquisto dei banchi rendendo così possibile, per la solennità del S. Natale la benedizione della chiesa impartita dal Parroco Muzzani, Vicario Foraneo di Gambolò. Così veniva coronata l’opera di tanti lavoratori cilavegnesi rimasti oscuri eccetto quel Boniforti Amedeo che, nel 1769, si firmò con un’iscrizione in uno dei mattoni esterni.

I nostri Avi, nonostante il rammarico di veder scomparire l’antico tempio romanico, del quale noi avremmo desiderato la conservazione, si allietarono nel veder concretato il loro pio desiderio con l’attuazione del disegno dato dall’architetto Giuseppe Castelli di Alessandria.

Egli tracciò una grande navata le cui tre campate, a pianta curvilinea, danno un imponente gioco di masse, assecondando il sobrio barocco in cui é concepita. Essa è affiancata dalle sei cappelle laterali e sfocia nel grande presbitero quadrato coronato dell’abside semicircolare. Le dimensioni di tutto il tempio sacro sono di metri 56×24 e l’altezza, dal pavimento alla volta, è di metri 26. Una nota caratteristica è data dai grandi archi a cassettone che poggiano su una coppia di slanciate colonne di ordine composito, servendo di raccordo alle tre campate. Nelle cappelle laterali trovano luogo gli altari che riprodussero i titoli dell’antica chiesa con poche variazioni.

Il primo altare a destra, scendendo dall’altare maggiore, è dedicato alla Beata Vergine, rappresentata da una statua lignea, ed è di marmo, completato di stucco nella parte inferiore.

All’altare di San Giacinto si sostituì San Francesco da Paola a cui si unirono: Santa Margherita, Sant’Isidoro, San Bovo con la tela del 1867 del pittore vigevanese L. Bono morto immaturamente senza che potesse dare la piena affermazione del suo valore artistico.

L’altare della Madonna dei Sette Dolori presenta tre pregevoli statue di stucco settecentesco: il Crocifisso, la Beata Vergine e San Giovanni racchiuse in una grande icona di legno.

Pure di legno è l’altare dirimpetto a quello dell’Addolorata. Esso è dedicato a S. Giuseppe che viene effigiato in una pregevole tela settecentesca insieme a Santa Lucia, Sant’Agata e San Giobbe.

Si aggiunge poi, ad opera del Sac. Leopoldo Martinetti, un sottoquadro della Beata Vergine del Buon Consiglio con cornice intagliata in legno.

Segue l’altare marmoreo del Suffragio che porta una bella tela del prof. Sampietro di Garlasco.

Il sesto è dedicato alle sante reliquie racchiuse in una apposita nicchia che contiene statue in legno dorate della Beata Vergine, di San Pietro, San Paolo, di San Mattia, di San Simone, una statuetta di S. Maria Maddalena ed un’ingombrante statua di cartapesta di San Bovo oltre le altre teche di forma varia.

L’Altare Maggiore, che fu acquistato dalla Chiesa di Santa Maria Segreta di Milano, si impone per eleganza di linee e preziosità dei marmi; il Tabernacolo è ornato da pietre rare e fu arricchito da un’opera in cesello dal comm. Politi di Milano raffigurante il Buon Pastore.

Il presbitero, nel quale le antiche poltrone sono state sostituite da un bancale di legno pregiato e di buona fattura opera del fratelli Trovati, e le prime quattro cappelle sono recinti da eleganti balaustre marmoree di Occhiadino di Varenna disegnate dall’architetto G. Castelli nel 1790 e poste in opera da Michele Sartorelli nel 1798.

Negli intercolunni trovano posto i quattro confessionali di legno intagliati tra i quali il più apprezzato è quella accanto all’altare della Madonna ornato di discrete sculture; il confessionale che si trova dirimpetto è sormontato da un pulpito di legno di noce. Uno dei vani adiacenti alla facciata, quello alla sinistra di chi entra, era in antico usato per Battistero ed in esso si trova ancora un buon dipinto a tempera del pittore G.B. Bossi del 1826 raffigurante il Battesimo di Gesù.

Poi, per la costruzione di una casa che tolse la luce alla finestra del Battistero fu portato nel vano di fronte ove nel 1950 il pittore Maccaferri Piero affrescò un altro battesimo di Gesù.

Tra le modificazioni compiute all’esterno va segnalato il rinnovamento della pericolante cupola del campanile eseguito nel 1797 dalla fabbriceria contro il parere del Comune, che trovò l’esecuzione non adatta all’estetica.

Ulteriormente si rialzò il campanile demolendo l’antica cella campanaria e la struttura superiore per ricostruire un nuovo specchio, a cui apporre i quadranti dell’orologio, e l’attuale cella campanaria sovrastata da un coronamento più slanciato.

Questi lavori furono eseguiti nel 1814 e portarono il campanile all’altezza attuale di metri 54.

Circa la stessa epoca si dotò la facciata di eleganti terrecotte, che formano le parti architettoniche, e di statue poste sugli acroteri.

Queste però furono indecorosamente tinteggiate a muro con i restauri eseguiti nell’anno 1930.

Nell’interno già dal 1892, da G.B. Garberini vigevanese, affrescò nel catino sovrastante il presbiterio la gloria dei Santi Patroni, sui pennacchi i quattro Padri della Chiesa latina ed al centro del coro il martirio di San Pietro e Paolo. Contemporaneamente il pittore Casimiro Ottone di Vigevano decorava l’abside e le cappelle laterali. Dei dipinti di quest’ultimo rimangono solo due piccoli affreschi, perché il restante scomparve sotto i generali restauri eseguiti nel 1942.

Questi, promossi dal parroco Don Luigi Castellani e sostenuti anche dalla popolazione, furono eseguiti sotto la direzione del pittore prof. Cesare Secchi di Milano, che riaffrescò i tre medaglioni della navata, i sei tondi sulla vela delle finestre, i quattro Santi agli accessi dei coretti.

Eseguì le decorazioni con finezza il pittore Giovanni Samboli, mentre le cornici e gli stucchi delle colonne furono curati dalla ditta Soregaroli di Cremona.

Il ponteggio fu eretto dalle maestranze locali dei capomastri Tappa e Guida<.

Nello stesso anno si pensò di sostituire il vecchio e deteriorato pavimento in mattoni con una breccia di marmo posato della ditta Mengozzi di Novara.

Per risanare l’umidità del suolo e porre un buon fondo di cemento si eseguirono gli opportuni scavi che fecero affiorare gli elementi dell’antica chiesa di cui ci siamo già occupati.

Non mancava che un nuovo zoccolo delle colonne che fu fatto nel 1944 con marmo verde di Issogne, donato da Omodeo Salé Leonardo, da una ditta di Mortara.

La seconda metà del secolo scorso (Parroco in Cilavegna Don Mario Tarantola dal 1974) vide la nostra Chiesa Parrocchiale oggetto di opere importanti, notevoli e numerose.

Opere di ammodernamento (la riforma liturgica e le nuove tecnologie le resero necessarie), opere di manutenzione e restauro, opere di impreziosimento artistico.

Iniziando dagli anni 1973/74 vennero aggiunti nuovi banchi.

Nel 1975 si decise di elettrificare i comandi che mettono in funzione le nostre campane.

Nel 1976 fu rifatto l’Altare Maggiore tutta la zona presbiteriale, su progetto del Cilavegnese Prof. Bonzanini Mario e l’esecuzione dei lavori della ditta 2 COLLI.

Nel 1979 ci fu il restauro della facciata e anche il restauro interno – infatti era caduto un cornicione, fortunatamente in un momento di non presenza dei fedeli. Le spese per i ponteggi furono generosamente coperte dal Cilavegnese Cav. Pavesi Mario. L’esecuzione del lavori fu affidata alla ditta IRAC.

Nel 1983 la cappella di S. Bovo si arricchì di un prezioso dipinto del Cilavegnese Prof. Maccaferri Piero. La tela ritrae Padre Pianzola, Don Bosco, Don Orione.

Nel 1984 si installò l’impianto nuovo di riscaldamento, opera notevole e complessa, eseguita dalla Ditta IMPES di S. Nazzaro.

Nel 1985 fu rifatto completamente lo zoccolo interno. Infine, restando sempre negli anni ’80, nel 1987 le vecchie statue, alcune diventate pericolose e fatiscenti, che da decenni ornavano la facciata della nostra Chiesa, furono sostituite dalle nuove raffiguranti la Madonna, due Angeli, Don Bosco e Don Orione. Statue in pietra di Vicenza su disegno del nostro Prof. Maccaferri.

Arriviamo così nell’ultimo decennio del secolo scorso, anni ’90, pure loro ricchi di interventi.

Nel 1991 fu sistemata la vetrata centrale, raffigurante la Madonna di Fatima, ad opera della Ditta Cristiani.

Mentre nel 1992 fu installata la nuova seddel Celebrante nella zona Presbiteriale, secondo le nuove norme liturgiche. Progetto del Prof. Bonzanini Mario.

Nel 1994 si rifece, adeguandolo alle norme di sicurezza, l’impianto di illuminazione della Chiesa, lavoro eseguita dalla GENERAL TECNO IMPIANTI di Dallera e Zanoni.

Iniziando nel 1994 e proseguendo nel 1995, furono rifatte le vetrate laterali (nove in tutto). Esse hanno come tema lo Spirito Santo e ne celebrano la Gloria, la Discesa, i Doni. Anche queste vetrate sono opere della Ditta Cristiani.

Nel 1995 furono eseguiti in bronzo dal Prof. Cassino il paliotto dell’Altare Maggiore raffigurante la celebrazione dell’Eucaristia in famiglia e la pala dell’ambone, sempre opera dello stesso scultore, raffigurante la famiglia in ascolto della Parola di Dio.

Nel 1996 si posizionò un nuovo Battistero vicino all’Altare Maggiore, su progetto dell’Architetto Fo. Fonte Battesimale costituito da una vasca di origine paleocristiana, prelevata dalla sconsacrata Chiesa della Madonna del Carmine.

Ricordiamo ancora il rifacimento completo del tetto nel 1997, lavori eseguiti della Ditta Cerruti di Cilavegna.

Infine nel 1998 fu ritinteggiata la Cappellina e rinnovate le sue vetrate sul tema dell’Eucaristia.

Nel mese di settembre 2001 si sono completati i lavori di restauro della Chiesa Parrocchiale dedicata ai santi Pietro e Paolo.

Il progetto affidatomi nell’anno 2000 ha avuto un iter procedurale abbastanza ampio. In data 29 giugno 2000 è stato consegnato al signor Parroco il progetto esecutivo.

In data 11 settembre 2000 il progetto ha ottenuto parere favorevole dalla Soprintendenza ai beni Ambientali e Architettonici di Milano e finalmente il giorno 12 febbraio 2001 sono iniziati i lavori con la posa del ponteggio metallico. Solo dopo l’erezione del ponteggio si è potuto constatare il reale stato di degrado del monumento e affinare le tecniche di intervento.

Possiamo dire che da un lato gli intonaci dell’intera facciata si sono presentati in normale stato di conservazione, mentre dall’altro tutte le decorazioni in cotto sono state oggetto di cure assidue sia per le opere di pulitura che di ricostruzione della parti mancanti. Sono stati rifatti una parte molto modesta di intonaci non più reperibili, in quanto aggrediti dall’umidità o con importanti presenze di cemento. Nella proposta progettuale si pensava di tinteggiare l’intero monumento con colori minerali a due o più colori per meglio segnare le varie partiture architettoniche e< ,

Sul portale di sinistra della facciata si è trovato un lacero di intonaco marmorino, ovvero un intonaco finemente lavorato con grassello di calce e polvere di marmo; il lacero di intonaco è databile al momento di costruzione dell’intera facciata. Questo ritrovamento ha determinato l’intero sviluppo dell’intervento: è stata abbandonata la proposta di tinteggiare la facciata con colori minerali e si è deciso di “rivestire”l’’intera facciata con intonaco marmorino a due colori. Il colore bianco, ricavato dalle polveri di marmo bianco per tutti i fondali ed un intonaco marmorino colore giallo, ricavato da polveri di marmo “giallo Siena”, per tutte le decorazioni e per tutti i rilievi. Questa proposta, caratterizzata da una coloritura molto chiara, ci ha portato a scegliere una patinatura su tinte tenui per tutte le decorazioni in cotto.

Non più la presenza di opere in cotto colore rosso mattone, come previsto nella prima ipotesi progettuale, ma colorazioni molto più tenui in cromia con l ‘intero monumento.

Questa scelta è giustificata anche dalla storia, in quanto le decorazioni in cotto, mi riferisco non solo all’ornato ma anche ai gruppi statuari, per ragioni economiche venivano realizzate in cotto per poi essere successivamente rivestite in intonaco ad imitazione della pietra.

Il risultato finale dell’intero intervento si discosta pienamente da’ come era in origine e ci presenta la facciata della Chiesa nella sua classicità e nella sua bellezza di forme.

E’ sicuramente una novità rispetto a come prima eravamo abituati a vedere il monumento e questa novità non è altro che la Chiesa settecentesca come è stata concepita e realizzata.